In particolare, i giudici hanno sottolineato l’importanza che siano rispettate tutte le condizioni previste dall’art. 183 del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente), vale a dire i limiti quantitativi, qualitativi e temporali di giacenza dei rifiuti, l’obbligo di effettuare il deposito per categorie omogenee e il rispetto delle norme tecniche (Corte di Cassazione 4573/2018).
Al riguardo si ricorda che il produttore dei rifiuti può scegliere, alternativamente, se avviare i rifiuti a recupero o smaltimento:
1.con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
2.oppure quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno. Nel caso delle terre e rocce da scavo, invece, i limiti ammessi per il deposito sono 4000 metri cubi di cui al massimo 800 metri cubi di terre pericolose e anche in questo caso, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno (art. 23 DPR 120/2017).
La Corte ha ribadito il principio, più volte affermato anche in passato, in base al quale in assenza di una sola di queste condizioni il deposito non può più ritenersi “temporaneo”, né tanto meno legittimo ai sensi dell’art. 183 del Codice, ma deve essere considerato come un vero e proprio abbandono di rifiuti (Corte di Cassazione 4573/2018).
Secondo i giudici della Cassazione, inoltre, grava sul produttore dei rifiuti l’onere di provare il rispetto di tutte le condizioni previste dalla legge, “in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria” (Corte di Cassazione 1572/2018).
La Cassazione ha fornito alcune indicazioni anche in merito al luogo in cui il deposito temporaneo può essere realizzato (Corte di Cassazione 4181/2018). L’art. 183 del Codice dell’ambiente stabilisce, infatti, che il deposito dei rifiuti deve avvenire “nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti”.
Sul punto i giudici hanno chiarito che il luogo di produzione dei rifiuti rilevante ai fini della nozione di deposito temporaneoè “non solo quello in cui i rifiuti sono prodotti ma anche quello in disponibilità dell’impresa produttrice nel quale gli stessi sono depositati, purché funzionalmente collegato a quello di produzione”(Corte di Cassazione 4181/2018).
In allegato le sentenze della Corte di Cassazione n. 1572/2018; n. 4181/2018; n. 4573/2018.