Pubblicato il DL “clima”
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Il deposito temporaneo dei rifiuti deve essere realizzato presso il luogo in cui sono stati prodotti: lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 43422 del 23 ottobre 2019.
In particolare, i giudici hanno evidenziato come il deposito temporaneo costituisca una “deroga” al generale principio in base al quale il deposito o lo stoccaggio dei rifiuti richieda una specifica autorizzazione, in via ordinaria o semplificata. Proprio in quanto si tratta di una deroga è perciò necessario, ad avviso dei giudici, che siano osservate tutte le condizioni appositamente previste dalla legge e in particolare quelle contenute nell’art. 183, comma 1 lett. bb). del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente).
Si ricorda, al riguardo, che i rifiuti raggruppati nel deposito temporale devono essere avviati alle operazioni di recupero o smaltimento secondo una delle modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti stessi:
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con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito;
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quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 mc, di cui al massimo 10 mc di rifiuti pericolosi. Nel caso invece si tratti di terre e rocce da scavo, i quantitativi sono 4000 mc, di cui non devono essere classificati come pericolose più di 800 mc (art. 23 DPR 120/2017).
La Corte ha inoltre sottolineato come “in tema di gestione dei rifiuti, l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, fissate dall’art. 183 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria”, secondo un orientamento ormai consolidato (Corte di cassazione, Sez. 3, n. 35494 del 10/05/2016; Corte di Cassazione, sez. 3, n. 20410 del 08/02/2018).